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Approfondimenti

Racconti di viaggio: relax a Merzouga

Erg-Chebbi in solitaria

RACCONTI DI VIAGGIO

 

In questa occasione mi racconto io, Antonella

Ciascuno di noi fa la propria esperienza, per questa ragione penso che un racconto di viaggio non sia “il viaggio” ma un punto di vista che spesso coincidere con quello di altri, altre volte no.

Questo mio racconto, parla di una porzione di viaggio, fatto in solitaria per poter scattare delle foto da utilizzare per progetti futuri.

GENNAIO IN MAROCCO: CLIMA INSIDIOSO

 

Era gennaio, il clima ancora incerto, soleggiato come sempre, ma con le mattinate e le notti freddissime ed una forte escursione termica durante il giorno, così che la mattina indossavo piumino, guanti e cappello mentre di giorno sciabattavo per le dune, con abbigliamento assolutamente estivo.

Clima insidioso!

Ma facciamo un piccolo passo indietro.

RITORNARE IN MAROCCO

 

Torno nel deserto per l’ennesima volta, sono decisa a fare un lavoro sulle dune, le ombre, la luce. Sto seguendo un corso di fotografia e vorrei portare a casa qualche scatto decente … quale miraggio più grande …

Un collega si presta per accompagnarmi. Partiamo da Marrakech, direzione Merzouga.

Insieme affrontiamo percorsi che di norma non vengono battuti, perché conosco ogni curva ormai e perché non abbiamo fretta e nemmeno un programma di marcia da seguire.

Quando arriviamo all’Erg Chebbi, stessa emozione di sempre, il cuore inizia a battere difronte allo spettacolo della Grande Duna che si staglia davanti a noi.

PAURA DELL’IGNOTO

 

Quando arriviamo in hotel, ci sono soltanto io: il Capodanno è terminato e i turisti sono andati via…

Ecco che il panico mi assale … e si, perché il Deserto è come il mare, chiama l’attenzione ed invita al rispetto e alla introspezione.

Ne comprendo il messaggio in pochi minuti, messaggio che già conosco e in me torna la calma, so che staremo bene io e il suo silenzio, e subito mi rassereno. In questa “operazione” mi aiuta lo Staff dell’Hotel, una famiglia più che un Hotel.

Si premurano che abbia mangiato, servendomi porzioni pantagrueliche che puntualmente avanzo e mi dicono “ma tu non mangi nulla?!”; verificano che non abbia freddo e mi portano la coperta la sera quando rimango nel patio a guardare le stelle, la bottiglia d’acqua sempre pronta e poi sempre “tutti bene?”, “vuoi qualcosa?” …

Uomini, di quelli con la U maiuscola, che ti rispettano come essere umano prima di tutto e come donna; tutta la fierezza della tradizione berbera viene fuori è capisci il senso dell’essere “nomade”.

Nel Deserto non si è mai soli, dal nulla spunterà sempre una mano, per farti compagnia e ricordarti che non si è mai del tutto soli.

LA VITA NEL DESERTO

 

Ho trascorso 3 giorni stupendi, scalando le dune a piedi.

Se non sei abituati a camminare il fiatone la farà da padrone; i piedi sprofondano ad ogni passo, pensi di aver trovato il punto giusto dove la sabbia è più dura e invece si ricomincia a sprofondare, ma si arriva eh, sicuro si arriva all’obbiettivo!

Ci sono i bimbi che giocano tra le dune, salgono e le utilizzano come scivoli, ci sono le mamme che si spostano con i loro figli dal palmeto alle loro case, ci sono i dromedari che passeggiano con il loro cammellieri, più tardi torneranno alla loro “casetta”, e poi tanti animaletti che incontrati a casa fanno orrore, ma qui gli scarabei hanno un non so che di esotico e non ci fai caso … come non fai caso ai “sandfish” che in città non mi farebbero dormire, qui so che non si occuperanno di me.

Il cammelliere che mi accompagna è un uomo adulto, non saprei dire quanti anni possa avere, ma ha figli piccoli, probabilmente porta solo male la sua età; a parole non ci capiamo alla perfezione, ma ha compreso cosa voglio fare, ed è lui che mi segnala bellissimi giochi di luce ed ombra, mi mette nella condizione privilegiata di fare gli scatti che un altro, al posto mio, avrebbe reso indimenticabili, ma io ho solo che da imparare e tornerò con scatti mediocri, ma lui ha capito la mia necessità e questo è ciò che conta!

3 giorni nel deserto, giorni in cui con “i ragazzi del deserto” abbiamo parlato molto, delle nostre culture (lo facciamo sempre), abbiamo oziato nel totale silenzio, abbiamo ascoltato il suono del vento, la sabbia che si muove, osservato il cielo e trascorso ore a cucinare chili di pollo alla brace, come se fossimo stati un esercito … il sapore di quel pollo, mangiato su un tappeto, all’ombra di uno dei pochissimi alberi che si incontrano nel deserto, sotto l’occhio vigile del guardiano del confine (il pic-nic lo abbiamo organizzato a pochi passi dal confine algerino) resterà sempre nel mio cuore, in maniera indelebile, anche se nel deserto sono tornata ancora tante volte … e ancora tornerò!

Alla prossima duna

Antonella

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